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Basterebbe leggere quanto dice Stewart Home a pag. 94 di Assalto alla cultura sostituendo a "mail art" (l'arte postale attraverso la quale a partire dagli anni '60 autori d'ogni fatta -- da esponenti di Fluxus fino a Monte Cazazza -- si scambiarono qualsiasi tipo di follia che una busta o un pacco potessero contenere, topi morti inclusi) "blog" oppure "webzine", per ottenere degli spunti di riflessione utili a chi volesse cominciare un'analisi di ciò che accade in rete a livello letterario per quanto riguarda lo specifico strumentale del mezzo utilizzato; siccome però sarebbe troppo noioso eseguire un ricalco pedissequo della pagina di Assalto, mi limito ad una parafrasi riassuntiva che non esclude alcune interpolazioni e citazioni:
1) i blog/le webzine nascono in parte come conseguenza dell'estensione dell'istruzione superiore in questi anni e più in particolare quale effetto dei numerosissimi laureandi/laureati in lettere che non riescono a trovare lavoro come scrittori professionisti (e aggiungo: o che attendono di/usano il blog tatticamente per diventarlo; inoltre, com'è ovvio, non c'è paragone fra rivista tradizionale cartacea e rivista in rete sotto il profilo della quantità di pubblico che si può raggiungere -- non esistono insomma gli annosi problemi della distribuzione --, né sotto quello dell'agilità legata all'immediatezza della pubblicazione -- naturalmente a favore della seconda; nessuno vieta, poi, se si possiedono mezzi e possibilità, di scegliere fra i pezzi on line quelli da riportare su carta, in una sorta d'antologia-almanacco più tradizionale: è chiaro che in questo caso la webzine diventerebbe utilissima per scremare i vari contributi, vuoi attraverso un ripensamento della redazione, vuoi attraverso il numero di contatti-consensi/dissensi ottenuti da una rubrica piuttosto che da un'altra, o da un collaboratore piuttosto che da un altro);
2) quindi, chi usa come mezzo d'espressione artistica o comunque percepisce come arte (a qualunque titolo: tanto d'avanguardia quanto in perfetta linea con lo spirito del tempo) i blog/le webzine, lo fa come simulacro e surrogato di una pubblicazione di libri che non arriva (dato che ciò non avviene nell'infinito, ma nella nostra situazione storico-geografica, mi sembra il caso di censurare, anche se la lamentela suonerà fin troppo ovvia e tradizionale, la triste situazione della nostra editoria eteronoma: ma se fino ad oggi è stata la televisione ad orientare l'interesse del pubblico, non si vede perché in un futuro assai prossimo non dovrebbe essere la rete a farlo -- cosa che in qualche misura credo già accada; i blog e le webzine, anzi, devono esplicitamente imboccare questa strada con piena coscienza e senza compromessi: possono farlo perché in fin dei conti non hanno niente da perdere e tutto da guadagnare nel caso aprano la strada ad autori o correnti culturali particolarmente efficaci, ovvero che dividano e facciano discutere piuttosto che ricercare un culturalmente sospetto successo unanime);
3) "La natura 'democratica' del network è chiaramente in opposizione all'elitismo dell'arte (se intendiamo per arte la cultura della classe dominante)";
4) d'altra parte, il fatto che "troppi" scrivano blog/webzine, comporta un mancato riconoscimento ufficiale di tali testi come manifestazione d'alta cultura (diverso è il caso di chi -- già scrittore -- scenda dal suo empireo per scrivere anche, democraticamente o demagogicamente a seconda dei casi, on line), almeno fino a quando saranno così tanti: la critica si è sempre trovata di fronte movimenti artistici composti da un minimo di 5 fino ad un massimo di 50 membri e non saprebbe sistematizzarne migliaia tutti insieme; "Anche solo un centinaio di membri sarebbe una minaccia allo status elitario di un movimento artistico formale e organizzato -- i critici [ ] si opporrebbero all'elevazione al pantheon della 'genialità' di una tale massa d'individui semplicemente perché tale elevazione metterebbe in discussione la stessa nozione di 'genio'." (Ma in fin dei conti, chi se ne importa? Per secoli e secoli -- fino all'incirca al romanticismo -- l'umanità occidentale ha fatto a meno di questa nozione, e non si vede perché non potrebbe farlo di nuovo).
Per concludere extra Stewart Home: si può ipotizzare che la mail-art sia una delle madri (in questo caso bastarda dato che d'arte visiva si tratta) della scrittura on line: si "posta", no?; forse la critica non dovrebbe avere paura dell'orizzontalità internetiana e sforzarsi semmai di seguirla, armi e bagagli, nella sua babilonia di ideologie e linguaggi: in ogni caso, non è detto che ciò che è significativo sia tale quantitativamente (magari lo fosse!), anche se resta senza dubbio vero che l'eccesso di informazione (di testi) di primo acchito può provocare rumore (e rendere difficile la distinzione fra quelli importanti e quelli irrilevanti), ma compito primario, e direi fra i più essenziali, della critica è per l'appunto quello di saper discernere fra ciò che ha valore e ciò che non ne ha, senza temere di prendere, talvolta, delle salutari cantonate. Infine, l'aspetto veramente democratico della letteratura on line è da rinvenire, più che sul versante della produzione, su quello della ricezione; in altre parole, non è tanto interessante che "tutti" scrivano, quanto che a tutti si possa rispondere -- ad personam et rapidissime: il dialogo è sempre il provvidenziale solve della cultura, ciò che lascia spazio al nuovo, fino a poco prima impensato e impensabile (per esempio: quando saprò utilizzare coscientemente questo strumento come una forma?).